mar 29: 18.30 - 21.00
Proiezione in lingua originale sottotitolata in italiano
Il grigio impiegato Tomoo Taniguchi e la fidanzata investono un uomo e si disinteressano della sua sorte. La vendetta di quest'ultimo si traduce in una strana mutazione, destinata a contaminare Tomoo: radendosi, questi scopre qualcosa di metallico in procinto di uscire dalla sua guancia. È l'inizio di una graduale trasformazione da uomo a macchina, che finisce per togliergli il senno. A farne le spese è la fidanzata, perforata dal suo membro meccanico, finché Tomoo non si avvia all'inevitabile scontro finale con il suo misterioso aguzzino feticista.
Raccontare Tetsuo significa inevitabilmente provare ad articolare il suo impatto sull'immaginario dell'epoca in cui esce. Chi ha la fortuna nel 1989 di vedere questi 71 minuti di delirio - girati con un budget risibile e raccogliendo materiale industriale di scarto dell'emittente televisiva che ha prodotto il film - ne rimane inevitabilmente scioccato. Non tanto per i temi trattati - cyberpunk e mescolanza ballardiana tra organico e macchinico, body horror figlio degenere di Lynch, Cronenberg e Raimi - ma per la forma in cui sono espressi: un assalto sensoriale di immagini estreme, spesso attraverso il ricorso alla tecnica passo uno, accompagnate da una colonna sonora industrial (affidata a Chu Ishikawa, grande fan di Einstürzende Neubauten), in un crescendo insostenibile di clangori. Una visione catartica che provoca malessere e gioca costantemente sul limite del filmabile, generando nello spettatore aspettative destinate a essere superate da quel che vede; concepita per mettere a disagio, ma lasciare un persistente pensiero residuo da rielaborare post-visione. Tetsuo non può che uscire alla fine degli anni '80, quando l'edonismo reaganiano e l'accelerazione decennale del capitalismo ha ridotto l'uomo medio a strumento prescindibile del sistema. Un corpo alienato, frustrato e bombardato di impulsi, che sfociano in pensieri di delirio superomistico ed erotismo represso. È un film che non potrebbe prescindere da un substrato di immaginario pornografico e da quanto compiuto in questo senso dagli anime, che hanno in qualche modo legittimato perversioni fin lì sottaciute attraverso il tratto di fumetti dall'apparenza innocente. Tsukamoto svela tutto quanto, toglie il pedale dal freno delle inibizioni e si lascia andare oltre quel che i limiti di budget e tecnologia sono in grado di mostrare, celando l'incubo futurista in un bianco e nero da cinema d'autore e in un 16mm che confonde i contorni e aumenta il mistero del non visibile. Un discorso che il regista proseguirà negli anni, articolandolo in varie forme, tra sequel e remake che proveranno a ripetere l'impatto dell'originale (fallendo) e rielaborazioni e contaminazioni. Tra cui A Snake of June, uno dei vertici dell'opera di Tsukamoto, che riprende sia l'antagonista, il feticista diabolico interpretato dal regista, che il contatto malsano tra la sensualità femminile e uno strumento meccanico di eccitazione - dal pene-trivella di Tetsuo al vibratore incorporato di A Snake of June. La centralità della componente sessuale di Tetsuo è indissolubile da un punto di vista strettamente maschile, con una visione del femminino misteriosa e primordiale calata - contraddizione nella contraddizione - in un contesto metropolitano e tecnologizzato. Il viaggio, senza ritorno, nell'universo di Tsukamoto non può che cominciare da qui, consapevoli che dopo aver visto Tetsuo nulla sarà più come prima. (Emanuele Sacchi - MYmovies)
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